Comunque Dragic sta diventando nu Dio 'e PG e diventa pure FA a luglio
Quando Goran Dragic giocava ai Phoenix Suns un certo Steve Nash amava ripetergli:
“Hey kid, just play your game. Don’t be upset (Ragazzo, fai la tua partita. Non preoccuparti).“
E c’è da scommettere che il nostro Goran (nativo di Lubjana classe 1986) continuerà a ripeterselo anche ora che non gioca più a Phoenix, sotto l’ala protettrice (ed educatrice) del playmaker per eccellenza, Steve Nash.
L’esperienza in Arizona per Dragic inizia nel 2008 scelto con la 45esima chiamata dai San Antonio Spurs, sempre attenti al mercato Europeo, i quali però lo rigirano subito a Phoenix in cambio di Malik Hairston ed i diritti di una futura scelta al secondo giro (rivelatosi poi DeJuan Blair).
Lo sloveno ha continuato a fare il suo gioco anche dopo la trade a sorpresa dell’anno passato che lo portò alla corte degli Houston Rockets in cambio di Aaron Brooks e di una prima scelta al draft (Nikola Mirotic).
Benchè privato del suo mentore Dragic ha comunque lavorato su se stesso divenendo prima ricambio di Lowry (con il placet di McHale che sin dal suo arrivo ai Rockets ha dato fiducia allo sloveno) e poi playmaker titolare a causa dell’infezione batterica che ha colpito lo stesso Lowry e lo sta tenendo ai box.
E come capita in tante storie di giocatori NBA, Dragic ha espresso sul parquet le sue migliori doti: punti e assist unite al profilo sempre basso.
Ma guai a pensare che lo sloveno non abbia anche personalità ed idee chiare per il suo futuro:
“Tutti si aspettavano che facessi lo stesso gioco di Nash, ma io sono diverso. I giornalisti a Phoenix si aspettavano da me lo stesso lavoro di una Star come Nash ma io non ho il suo stesso gioco. Non sono un suo clone.”
E riguardo la fiducia ricevuta da Alvin Gentry durante la sua permanenza ai Suns dice:
“Alvin mi ha dato un’opportunita, io mi sono rilassato e ho iniziato a giocare il mio basket. E quando fai una buona gara ti rendi conto che puoi giocare a questo livello. Questo ti apre le porte.”
Ma la vera fiducia è arrivata ai Rockets, e la sua maturazione si sta completando. Nelle 12 partite giocate in quintetto Dragic viaggia alla media di 16.4 punti conditi da 9.5 assist, 3.7 rimbalzi e 1.8 recuperi in quasi 37 minuti d’impiego e perla di questi ultimi otto match è senz’altro la gara del 20 marzo dove Dragic ha guidato Houston fatturando 16 punti, 13 assist oltre alla tripla decisiva che ha affossato i Los Angeles Lakers.
Senza dubbio questo ragazzo dimostra ancora una volta come la “scuola europea” sappia ancora produrre giocatori in grado di mettere in ordine i pezzi del complesso puzzle di una squadra NBA.
fonte basketcaffe