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Topic: è morto franco rossi  (Letto 1133 volte)

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impfed

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« il: Ottobre 31, 2013, 11:05:46 am »
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è morto oggi Franco rossi , firma del giorno , repubblica e corriere dello sport , partecipava da anni sul canale lombardo telenova e per 3 anni opinionista a Controcampo.

non è mai stato tenero con il napoli ma era l'unica voce critica delle strisciate al nord , tifoso sampdoriano era capace di raccontare aneddoti spettacolari che valevano tutto il programma tv a cui partecipava , raccontò che alla finale di champions  samp barcellona al goal di koeman sbattè così forte il pugno su una parte dello stadio che si ruppe un dito , scrisse un articolo per ogni grande calciatore , soprattutto brasiliani , aveva un amore smisurato per il calcio verde oro , ma rimasi veramente impressionato dal suo articolo su Diego , lo incollo qui di seguito.

RIP

ECCO LA STORIA DI MARADONA, L’UOMO CHE E’ STATO “DI PIU’” IN CAMPO E FUORI, FENOMENO ASSOLUTO CONTRO TUTTI E ANCHE CONTRO SE STESSO

DAL MIO LIBRO “PERDA IL MIGLIORE” LA STORIA DI MARADONA, MEMORABILE PROTAGONISTA DEL MONDIALE 1986.
DI FRANCO ROSSI.
Sesso, droga, tango (più che altro disco-music) e calcio.
Calcio d’autore.
Diego Maradona è imbarazzante anche quando lo vai a ripescare scartabellando nello sconfinato archivio dedicato a lui.
E’ imbarazzante perchè da qualunque parte lo afferri, ti scappa. Lui è sempre “troppo”.
E’ troppo di calcio, è troppo soprattutto del resto, dell’ “altro” che ha segnato la sua vita e, di conseguenza, il calcio mondiale.
Perchè, meglio chiarirlo subito, Diego Maradona, il ragazzo nato il 30 ottobre del 1960 a Lanus, la periferia povera di Baires, è stato Il Calcio.
Ai Mondiali del Messico ha incantato centinaia di milioni di spettatori e li ha convinti, con l’unico argomento convincente che ha a disposizione un calciatore, la bravura, a tifare per lui.
Anche quando la nazionalità di chi lo ammirava non era argentina.
Sul piano della spettacolarità pura si è collocato ai livelli di Pelè edizione 1958 o del Garrincha dei Mondiali cileni nel 1962.
Sul piano dei risultati è stato superiore a Pelè e pari a Garrincha. Nel senso che è riuscito a vincere il campionato del mondo giocando praticamente da solo, o comunque in una squadra dove non c’era nessuno paragonabile (nemmeno lontanamente) a lui.
Il Pelè del 1958 giocava con Garrincha, Didì ecc. ecc.
Quello del 1970 addirittura con Tostao, Rivelino, Jairzinho, Gerson ecc. ecc.
Maradona dell’Argentina campione in Messico è stato il trascinatore, l’uomo determinante. L’unico uomo determinante.
Proprio come Garrincha nel 1962 in Cile.
Ricordo bene quel lontano giorno dell’estate 1984, quando cadde dal cielo nello stadio San Paolo, dopo la trattativa infinita con il Barcellona.
Era stato proprio Antonio Juliano, plenipotenziario del Napoli Calcio l’arma vincente del presidente Ferlaino, che con un’ultima, disperata “napoletanata” (salita dalla porta anteriore del volo Barcellona-Roma, discesa da quella posteriore, dopo che Caspart, il vicepresidente, e Nunez, il presidente del club blaugrana, lo avevano richiamato in extremis spaventati che quella ritirata fosse vera, aveva vinto la partita portandolo a Napoli.
I quotidiani partenopei stamparono le edizioni straordinarie, i giornalisti di Napolinotte regalavano il giornale alle auto in coda sul Corso Vittorio Emanuele mentre andavano a far festa a Mergellina.
E per l’ora dell’incoronazione, luglio ’94, i grandi giornali spedirono in terra partenopea le forze migliori. Giorgio Reineri coniò quell’appellativo, Il Fenomeno, che mai era apparso sulla stampa italiana e che da allora, con la maiuscola, solo Ronaldo, dopo tanti anni, ha meritato.
Quel giorno, lo stadio napoletano si riempì come mai era accaduto fino ad allora. Lui,
Diego, fece solo un giro di campo in tuta, cinque palleggi a centrocampo affiancato da Josè Alberti, argentin-napoletano da una vita, e poi da Canè, Ferlaino, Juliano, dai ragazzini delle giovanili e soprattutto da Napoli, che era lì a guardare con gli occhi spalancati quella testa riccioluta che sul campo l’avrebbe fatta grande.
Ci furono sorrisi e poche parole, le prime in italiano, con quel “grazie Napoli!” urlato al cielo per l’abbraccio popolare indimenticabile. Poi è accaduto di tutto. E’ accaduto di più.
Più di quello che sarebbe stato immaginabile da qualsiasi romanziere. Siamo all’”imbarazzante” di cui sopra. Sinceramente impossibile – e forse a questo punto anche inutile – star dietro alla tanta cronaca (spesso nera) che ha segnato il Tempo di Diego.
Due scudetti (’87 e ’89), una Coppa Uefa (’89) e una Coppa Italia non sono sufficienti a certificare quel che Maradona è stato – non solo per Napoli (che sarebbe un’offesa), ma per il calcio. Mondiale.
Perchè lui, l’eroe negativo, il cattivo, il più amato e più odiato, il diavolo, sul campo è stato bello, buono e splendente come nessun altro.
Un uomo baciato da un talento calcistico immenso, talento che ogni volta che andava sui prati dispensava con generosità.
La Napoli che non dimentica racconta con un malinconico brivido quel che faceva alla fine di ogni allenamento, sul piccolo campo di Soccavo, al Centro Paradiso, sede sportiva azzurra.
Gli scugnizzi si mettevano buoni per una volta. In silenzio, insieme agli altri giocatori della squadra, agli allenatori (persino l’ “orso” Ottavio Bianchi), ai dirigenti, ai giornalisti, infilavano il naso nella rete di delimitazione e facevano fatica anche a deglutire: lui giocava, si divertiva col pallone, da solo, come un bambino.
Uno spettacolo vero, puro, altissimo. mai più visto.
Sicuramente Maradona è stato il campione più “difficile” da prendere.
Non per i difensori, che non ci sono quasi mai riusciti, ma per quel carattere selvaggio, ribelle, di uno che non sapeva piegarsi a qualsiasi compromesso, che andava contro le corazzate come un pasdaran impazzito. Sempre e solo a suo rischio e pericolo. Diego è morto (metaforicamente) da solo, non trascinando nessun altro con se nel baratro. Anzi essendo sempre adorato e difeso dai compagni della sua squadra.
Sino alla fine. Perchè sapevano che lui sul campo avrebbe dato l’anima (da tempo venduta al diavolo, questo sì) e anche le gambe per vincere.
E poi se la squadra vinceva, loro, i compagni, sarebbero diventati ricchi e famosi, più ricchi e più famosi.
Diego andato contro tutti, anche contro se stesso.
E’ andato soprattutto contro i potenti che ha trovato sulla sua strada e l’ha fatto con irriverenza, dicendo sempre quel che pensava. Ha detto sulla faccia di Havelange e Blatter che il sorteggio di Italia ’90 era “combinato”, ha detto – dopo le rabbiose lacrime dell’Olimpico, quando i romani fischiarono l’inno argentino solo perchè c’era lui e che quel rigore alla Germania era stato dato perchè la Fifa non voleva l’Argentina campione (e tutte le moviole del mondo lo hanno poi provato), ha dato dell’inetto a Pelè, dell’incapace a Menotti, del corrotto al suo presidente della Repubblica, Menem (…), stessa cosa ha fatto in Italia con Matarrese, con i capi degli arbitri, col presidente del Napoli, Ferlaino, con tutti.
Sempre “mettendoci la faccia” in prima persona, come diceva lui.
Non sempre, ovvio, aveva ragione (molto spesso si), ma quell’atteggiamento gli faceva onore.
Ha vinto un Mondiale (’86) assolutamente da solo, quello del gol “con la mano di Dio”, e quel prodigioso altro gol inventato partendo dalla sua metà campo e dribblando tutti, anche il portiere; un altro Mondiale gli è stato negato in Italia (appunto nel ’90) con lo scandaloso, arbitraggio nella finale contro la Germania; infine un terzo, quello del ’94, rovinato quando Havelange e Blatter (presidente e segretario della Fifa) “si sono resi conto in ritardo – come ha detto lui dopo – che l’Argentina avrebbe vinto il titolo¯ cui loro due avevano, per ragioni commercial-pubblicitarie, voluto a tutti i costi che partecipasse anche Maradona, pur se ormai cocainomane dichiarato e confesso.
E son venuti a galla i sospetti e i chiacchiericci sull’accordo di non-sorteggio antidoping che erano alla base di quella partecipazione forzata.
Accordo, come si sa, tradito dai capi del calcio mondiale quando l’Argentina era chiaramente una delle squadri più efficaci, a quel punto favoritissima per la conquista del titolo.
E quell’ “essere usato” Š stato il colpo finale per una carriera già ormai agli ultimi sussulti.
Ma quando la cocaina non gli aveva ancora ingabbiato corpo e mente Diego Maradona era stato, a Napoli, un Dio.
Non è vero che la gente, a molti dalla sua partenza, a Montecalvario come alla Sanità, a Posillipo come ai Quartieri Spagnoli, gli voglia meno bene.
I bar, i ritrovi, i club, le case degli attuali -quarantenni e oltre, ovvio, sono ancora un inno a lui, le mura tappezzate dei suoi poster. Come se giocasse ancora oggi nel Napoli. Eppure in mezzo, tra la gloria e i successi, c’è l’altro Maradona, quello che avrebbe offeso la città, quello di Cristiana Sinagra, la madre del suo bambino napoletano, Diego Jr. – il maschio che la moglie, Claudia Villafanes, non è riuscita a dargli – c’è il Maradona di donna Carmela Cinquegrane, la maitresse dei Quartieri Spagnoli che gli procurava donne e “roba”, dei night con “saletta privata” in cui appartarsi con la prostituta di turno, il Maradona delle frequentazioni strane, dei club equivoci, della camorra, l’amico della famiglia Giuliano a Forcella, quello delle fotografie nella vasca da bagno d’oro con Carmine Giuliano, detto O’Lione, dei proiettili “firmati” contro la sua auto, di quello scudetto (’88) regalato al Milan in maniera così strana (quattro punti di vantaggio in classifica, 41 a 37, quando la vittoria valeva 2, a cinque giornate dalla fine), il Maradona sospettato e accusato da uno dei tanti millantatori napoletani, il pentito Pietro Pugliese, di non essere solo tossicomane, ma anche spacciatore di droga (che follia).
Insomma, appunto, di tutto. E di più.
Non voglio star qui a ricordare solo chiacchiere e sospetti indecenti (per esempio il processo per spaccio di droga l’ha ovviamente stravinto “perchè il fatto non sussiste”, quella è una storia letta e riletta, scritta e riscritta mille volte. Mi va di ricordare innanzituttoil Diego Maradona gaudente, allegro, sempre innamorato delle donne e del bel gioco. Il Maradona che del matrimonio diceva: “E’ una scelta di fedeltà eroica e l’eroismo è degli spiriti eletti… io non sono sicuro di esserlo”.
Sempre sulla fedeltà: “Io non ho mai tradito Claudia (risata o pernacchio libero, ma se lo facessi non lo confesserei mai”.
Ma sulle donne, sull’erotismo, si scatenava. Senza andare a rovistare tra i successivi vizi ricordo volentieri quel che diceva delle donne. “Mi eccitano quando si sdraiano supine, oppure quando si inchinano mostrandoti il didietro…Una donna Š resa sexy dal modo di svestirsi, per esempio con una camicetta semi-sbottonata, o con una gonna lunga con un grande spacco”. Sugli omosessuali: “E’ bene che si moltipichino, così aumenta la richiesta di veri maschi”.
Sono stato al matrimonio di Maradona nel novembre del 1989 a Buenos Aires. Lusso a non finire, la rivincita di chi è nato povero, il ricevimento al ventunesimo piano dello Sheraton dopo la cerimonia in chiesa con il padre di Diego, penoso e orgoglioso nell’indossare il frac.
Diego si divertiva ancora. Era già drogato da anni, ma non era ancora cominciata la discesa negli inferi. In quella Napoli nera che era pronta ad accoglierlo.
Sarebbero arrivate dopo le denunce, la storia con Cristiana Sinagra, la figlia del parrucchiere del Vomero che ha avuto riconosciuta a lui la paternità del figlio, ma soprattutto gli interrogatori e le indagini della Procura, i pentiti, le denunce per traffico internazionale di droga con la succitata Cinquegrane e l’altro trafficante Italo Jovine (un caso scoppiato ai primi di febbraio ’91), fino alla prima squalifica per doping (la coca, ovvio) dopo Napoli-Bari di domenica 17 marzo 1991.
E vennero le fughe, la cattura della polizia in una stanza di Baires mentre, un mese dopo, da povero drogato, si “faceva” in maniera furiosa, con quegli occhi allucinati che non mi è stato possibile più dimenticare.
Fui inviato di nuovo a Buenos Aires per capire e sapere se sarebbe mai più tornato su di un campo di calcio.
Non fece mai salire nel suo appartamento i giornalisti. Ogni tanto arrivava un medico, uno psichiatra e qualcosa si riusciva a sapere.
Dal marciapiede dove eravamo tutti accampati, una volta abbiamo visto la finestra del quarto piano aprirsi e la testa di Diego sporgersi. Urlava come un invasato: “Lasciatemi solo, non ne posso più, lasciatemi solo con le mie bambine…¯ Le cure servirono a poco, tanto che negli Usa, ai Mondiali, come si diceva, una volta che il Sistema lo aveva usato, fu squalificato di nuovo, definitivamente (la prima squalifica, quella dopo la partita con il Bari, fu di 15 mesi).
P:S: Il Mondiale in Sudafrica l’ha riportato in alto, tanto in alto.
Che Dio lo aiuti e non lo faccia ricadere in basso.
Franco Rossi.


    Offline TomDurrr

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    « Risposta #1 il: Ottobre 31, 2013, 11:09:17 am »
    R.I.P.
    guardandolo in tv, pensavo fosse più giovane...

      Offline Quentin

      • Diego Armando Maradona
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      « Risposta #2 il: Ottobre 31, 2013, 11:37:35 am »
      Prima di leggere l'articolo che ha postato impfed ero convinto che fosse uno di quei giornalisti faziosi del nord che ci schifano a prescindere. Un po' devo ricredermi.

      R.I.P.


        Online mtpgpp

        • Degustatore di ananassi
        • Omar Sivori
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        « Risposta #3 il: Ottobre 31, 2013, 15:32:13 pm »
        Mi spiace, lo vedevo spesso a telenova ma nell'ultimo anno si vedeva che non stava bene.

        Mi piaceva e divertiva, amava provocare con enormi paradossi che a volte lo rendevano antipatico a volte simpatico, comunque ne capiva e sapeva raccontare come pochi.

        RIP

           

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