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Topic: Le mani dei clan sui ristoranti del Lungomare, ascoltato Fabio Cannavaro  (Letto 2231 volte)

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welpocho

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« il: Giugno 08, 2011, 12:13:15 pm »
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È STATO un campione del mondo. Ma in questa storia Fabio Cannavaro entra in Procura come testimone. Persona informata dei fatti. Perché il già vincitore del Pallone d’oro è anche un oculato investitore dei suoi capitali. Operazioni pulite, alla luce del sole e in piena regola, per l’acquisto di quote societarie di un gruppo nazionale della ristorazione in franchising con numerosi locali anche a Napoli. Investimenti che però avrebbero affiancato il nome del calciatore a quelli di altri investitori ben meno puliti di lui. Per questo i pm dell’Antimafia Sergio Amato ed Enrica Parascandolo lo hanno convocato. A caccia di informazioni che magari per lo stesso ex capitano della nazionale di calcio erano del tutto inutili e insignificanti. Ma che potrebbero invece essere molto utili per gli inquirenti, al lavoro per strutturare l’ipotesi di reato di riciclaggio oppure di intestazione fittizia di beni, peraltro non ancora formalizzate. Nomi di vip quali Cannavaro (e altri, soprattutto negli ambienti di noti professionisti napoletani) che si incrociano attraverso atti notarili con tutt’altro ambiente. Quello criminale che viene descritto da qualche mese a questa parte dal boss pentito Salvatore Lo Russo. Il capoclan di Miano viene arrestato e decide di collaborare con la giustizia. Le sue prime dichiarazioni trovano i riscontri giusti. Succede appena un mese fa. Lo Russo racconta agli inquirenti che al Pallonetto a Santa Lucia, sotto piastrelle da bagno, nelle pareti e in valigie nascoste sotto il letto c’è un tesoro immenso. «Lì — spiega il boss — abita l’usuraio Mario Potenza. È molto noto a Napoli perché può fare prestiti di grosse cifre in tempi brevi e con buoni tassi di interesse. Io mandai da lui due miei cugini». Così la Direzione investigativa Antimafia del capocentro Maurizio Vallone sfonda tutto, recupera ben otto milioni di euro tra l’appartamento di Potenza (che intanto è fuori Napoli per una visita cardiologica e gode di una pensione di invalidità di cinquemila euro l’anno) e quello di suo figlio. L’informazione del boss pentito è giusta. Solo che a questo punto scattano altre indagini. Se l’usuraio aveva in casa otto milioni di euro in contanti — si dicono gli investigatori — chissà quale tesoro avrà investito in attività imprenditoriali e commerciali. E si comincia a cercare. Si ricostruiscono le attività dei figli, che hanno quote di maggioranza nelle società di gestione di locali pubblici a Pozzuoli ma anche sul lungomare di via Caracciolo e, da qualche mese di un pub alla Riviera di Chiaia da poco inaugurato. Il gruppo di imprese è lo stesso cui fanno capo le quote societarie di Fabio Cannavaro. Il quale, molto probabilmente, ha delegato il suo commercialista all’acquisto e nulla ha mai saputo degli altri soci. Il suo è stato solo un investimento come un altro. Ma una volta scattata l’inchiesta era doveroso ascoltarlo, così come nelle prossime settimane verranno sentiti gli altri soci.

http://www.calcionapoli24.it/?action=read&idnotizia=19638

    Offline AyeyeBrazov

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    • Il fratello di Parascandolo
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    « Risposta #1 il: Giugno 08, 2011, 12:18:54 pm »
    Nel frattempo ieri sera dopo il cinema me so magnat na pizza con la morosa da rossopummarola e dopo 2 ore la mia ragazza si stava sentendo male (no, non credo fosse a causa delle mie indecenti porcate  :look: ).
    Stamattina ho risentito di qualche problemino anch'io, adesso voglio dire al proprietario di rossopummarola, alias Cannavaro: "Cannavà mocc'a chi nun t'accire"    ecco, agge sfugat!

       

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