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William.S

    Bruno Pesaola
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Chi non l'ha vissuto è difficile capisca le sensazioni, che poi sono soggettive per ciascuno di noi. Le mie erano quelle di un bambino che, quando cominciò a seguire le partite, capì di essere nato e di vivere nella Mecca del calcio perché ho avuto la fortuna di vivere Diego e la squadra più forte mai ammirata al San Paolo. Per me, per tutti i bambini dell'epoca non esisteva il "Ciuccio", il Napoli che le prendeva da tutti. Napoli era Maradona e Maradona era il calcio. Vivevo nella capitale mondiale del pallone.

Quel maledetto giorno giunse al culmine di una settimana cominciata male. Non riuscimmo a trovare i biglietti per lo stadio, così ripiegammo nel piano B che consisteva in: abbuffata a casa di mio zio e partita alla tv (troppo grande fu la delusione dei napoletani rimasti senza ticket che la RAI decise di trasmettere l'incontro in diretta). Quella domenica capii che gli dèi del pallone non erano onnipotenti, che esisteva un concetto finora sconosciuto: la sconfitta.

Di quella partita ricordo alcune immagini distinte:

- lo strapotere fisico e tattico del Milan;
- Gullit che, cazzarola, era ovunque;
- la punizione di D10S che mi fece sperare in una rimonta;
- le lacrime di tutta la famiglia al fischio finale;
- gli applausi del San Paolo ai futuri nuovi campioni d'Italia
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