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Granchetiello

    Degustatore di ananassi
    Diego Armando Maradona
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Roy Keane un pezzo di sè lo lascia per il Manchester United, sul campo. Stagione 1997-98, i Red Devils affrontano il Leeds. In uno scontro di gioco con Alf Inge Haaland, difensore norvegese, Roy Keane si rompe i legamenti. Il norvegese ha l’ardire di insinuare che Keane, a terra a contorcersi dal dolore, stia simulando l’infortunio.

La vendetta è uno dei motori dell’universo. O, quantomeno, uno dei motori dell’universo di quelli che ogni santo giorno si allacciano le scarpe, affilano i tacchetti e scendono a calcare campi in erba, terra, fango o qualsiasi altro materiale sul quale un pallone possa rotolare.

Ecco, Roy Keane è uno che il concetto di vendetta l’ha preso molto sul serio, essendoselo ritrovato nel DNA fin dalla nascita. D’altronde, il sangue irlandese non è mica roba facile da spiegare. Roy Keane è forse quello che, se dovessimo raccontare ai nostri figli cosa significa la vendetta, utilizzeremmo come esempio.

Si, perchè, dopo 4 anni, le strade di Keane e Haaland tornano ad incrociarsi. Non solo le strade, in verità, quanto le gambe. Roy Keane mette a segno uno dei colpi più lucidamente delinquenziali della storia del calcio. Interventaccio sul norvegese, uomo a terra, cartellino rosso quanto mai meritato. Roy Keane, prima di uscire, si avvicina ad Haaland che è riverso in terra e gli fa capire che forse no, non era il caso di mettersi a scherzare con uno come lui.


« Avevo aspettato abbastanza. L’ho colpito dannatamente forte. La palla era là (credo). Beccati questo stronzo. E non provare mai più a ghignarmi in faccia che sto simulando un infortunio. »


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Parole che sembrano uscite dalla bocca di hamsik :look
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