Benvenuto, Ospite. Effettua il login oppure registrati.

Ragioni Karma per messaggio concreto

Messaggio

'o Banc 'e Napule

    Degustatore di ananassi
    Edinson Cavani
    Post: 11286
  • Karma: 84

Il post del Napulegno su Garella è veramente bellissimo.

Il talento del Calabrone
Claudio GARELLA

La sua prima squadra è stata il Casale, vicino alla sua Torino, dove c'erano i  genitori.

Sono stati due i maestri di Claudio Garella. Il padre, ex operaio della Michelin, ed Ercole Rabitti. Gli insegnano che tutto è il frutto del lavoro. Nella vita, per diventare un uomo. Nel calcio, durante gli allenamenti settimanali, per diventare portiere titolare ed affidabile.
Rabitti, ex giocatore della Juventus, è stato il suo primo allenatore al Casale. Lo consiglió a Sergio Vatta, il mitico tecnico delle giovanili granata, il quale lo guardó e gli disse : "Tu non sarai mai un portiere, ti manca la tecnica e la scuola e provare ad insegnartela sarebbe inutile. Però una possibilità ce l'hai. Coltiva il tuo istinto, seguilo, fidati e allena l'esplosività del tuo corpo per seguirlo il più velocemente possibile".
Per alcuni anni non gioca mai. È sempre portiere di riserva. Ma si allena come un matto. Va a guardare gli allenamenti di Giaguaro Castellini che dei granata era portiere titolare, un portiere tecnicamente perfetto.
Lui, invece, senza tecnica, senza grazia, lavorava più di altri.
Stava nascendo Claudio Garella il portiere che parava con i piedi, ma anche con il petto, la faccia, l'addome, il culo (nel senso del posteriore ) ed anche con le mani.
Un portiere senza tecnica ma con un istinto primitivo e riflessi felini.

Dopo le giovanili nel Torino, andò a Novara. Poi a Roma nella Lazio, Genova (sponda Sampdoria), Verona, Napoli, Udine.
Si è sempre adattato ed è stato per questo che è stato bene ovunque.
Si, anche a Roma, la parentesi più difficile della sua carriera, quando "Garellata" era sinonimo di papera. Però era lì, a Roma, che si era sposato con la sua Laura. Ed i Parioli, Monte Mario con il tramonto sui suoi capelli, facevano sperare in una carriera migliore.
Quella che si sarebbe illuminata a Verona, dove era arrivato per un campionato di Serie B nel 1981 e se ne era andato nel 1985 da campione di Italia.
Quando oramai "garellata" non significava più papera, ma bensì miracolo. E lui era per tutti Garellik, il supereroe che non faceva segnare nessuno.
Nell'anno dello scudetto scaligero chiuse letteralmente la porta contro la Roma ed il Milan facendo ottenere due pareggi al Verona che saranno decisivi. I giornali gli diedero 9 in pagella.
Contro la Juventus l'Avvocato Agnelli ad ogni suo miracolo sobbalzava per la gioia strozzatagli in gola. "Il più grande portiere nell'uso dei piedi", dirà in quella sua consueta intervista camminate con il giornalista all'inseguimento.

Quando Allodi lo chiamó per portarlo a Napoli, sulle prime ci rimase. Aveva appena vinto lo scudetto con il Verona. Cambiare? Aveva il brutto ricordo di un ambiente caldo come era stato quello di Roma. Poi il Napoli aveva avuto Zoff, Castellini, ci sarebbero stati paragoni, aspettative. Ma Laura gli disse che Napoli andava vissuta e dopo Verona avrebbe potuto vincere un altro scudetto storico.
E fu Napoli.
Allodi lo presentó dicendo che era un portiere anomalo. Ma nel calcio l'importante era parare, non il come.
"Potrò raccontare ai miei nipotini due cose. Ho vinto lo scudetto con il Verona. Ho giocato con Maradona. Se riuscirò a raccontare anche di aver vinto lo scudetto a Napoli allora avrò fatto una carriera straordinaria".
Così si presentó alla piazza azzurra nella sede di Soccavo.

A Napoli, al primo anno, trovó proprio Lucianone Castellini come allenatore dei portieri.
Si dice che dopo qualche allenamento Maradona gli chiese perché non la bloccasse mai.
"Perché così so parare Diego". "Ok, ma non farle mai fare rimbalzi in avanti, sempre laterali".
Ed infatti fu così.
Poi Maradona divenne prima amico e poi grande estimatore del portierone.
A Napoli lo scudetto arrivó nel secondo suo anno di militanza.

Il migliore in assoluto per rendimento, secondo me, fu il terzo, quello della stagione 1987-88, quella dello scudetto mancato.
Quello che purtroppo terminò con un goffo comunicato della squadra contro Bianchi ma a farne le spese furono solo in quattro. Con Bagni, Ferrario e Giordano, Garella era uno di essi. Ed emigró ad Udine per gli ultimi due anni di carriera. Come tutti gli altri firmatari, si è sempre pentito di quel comunicato.

Scrisse Domenico Rea, scrittore prestato al tifo per il Napoli: "Garella è un portiere marziano che ha sdrammatizzato il ruolo del portiere non ergendosi ad eroe quando salva, non facendo la vittima quando subisce gol".

Era tanto popolare Garella, a Napoli, che su una emittente locale presentava una trasmissione con la moglie Laura ed i giornalisti Paolo Paoletti e Mimmo Malfitano.

"Quasi sempre sono io che decido di non trattenere il pallone per eliminare le possibilità di errore. Io respingo lontano ed i miei movimenti sono imprevedibili per gli attaccanti. L'importante è evitare il gol, il resto è poesia. Penso che i critici, quelli che di calcio ne capiscono e lo vanno dicendo, penso che questi non mi considerino un grande portiere. È vero, dicono è bravo... è tempestivo... ha intuito... Ma non mettono mai il punto, solo puntini sospensivi. Aggiungono un "però" , un "ma" che toglie efficacia a quanto detto prima. Una volta le uscite, una volta lo stile. Però i tifosi si, i tifosi lo sanno che di me si possono fidare. A Napoli ho fatto un solo errore, nel 2-2 con l'Atalanta nell'anno dello scudetto. Andai in trasmissione e volevo scusarmi. Non ci riuscii. Arrivavano solo telefonate per sostenermi, incoraggiarmi, dirmi che ero bravo. Mi commossi persino".

Si dice che il Calabrone non possa volare ma egli, non sapendolo, voli egualmente.
E così anche Garella.
Con quella mole fisica tanto imponente, non sarebbe stato capace di parare. Ma lui non lo sapeva e parava. Altroché se lo faceva! In qualsiasi modo possibile.

EAB73
Cambiato Cambia Ragione Data
SimplePortal 2.3.7 © 2008-2024, SimplePortal